Diritti e doveri

Proposto il taglio del 50% delle pensioni di reversibilità nel 2022: brutta sorpresa per le vedove


La riforma pensioni prevista per fine 2021, tra le diverse novità potrebbe interessare anche modifiche sul calcolo dell’importo e tagli fino al 50% delle pensioni di reversibilità.

Sul caos attorno alla riforma del sistema pensionistico italiano è intervenuta anche l’OCSE, che ha suggerito alcune linee guida da seguire. Tra queste vi è la possibilità di tagliare le pensioni di reversibilità: vediamo i dettagli della proposta.

La proposta che fa paura

Indicazioni a riguardo sono state date anche dell’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) che è fortemente indirizzato alla riduzione dei costi del sistema previdenziale italiano, ritenuto eccessivamente elevato per favorire la ripresa economica post-pandemica. Un primo metodo per ridurli potrebbe essere quello di tagliare le spese per le pensioni di reversibilità.

L’Ocse ha infatti individuato alcune criticità che rendono troppo onerose per lo Stato la spesa per le pensioni di reversibilità che ad oggi ammonta al 2,5% del Pil ben più alta rispetto alla spesa media degli altri paesi in area Ocse dell’1%.

Cosa andrebbe a cambiare rispetto ad ora? Scopriamo insieme i dettagli di ciò che potrebbe succede.

Pensioni: l’OCSE boccia quelle di reversibilità e Opzione Donna

L’OCSE è intervenuta pesantemente contro il sistema pensionistico italiano, suggerendo modifiche e addirittura bocciando determinate riforme proposte al Governo dalle fazioni politiche. Due di queste sono le pensioni di reversibilità e la cosiddetta Opzione donna.

L’Opzione donna permetterebbe alle donne di andare in pensione con 35 anni di contributi versati, ossia anche a 58-59 anni: ciò, secondo l’OCSE, andrebbe a creare dei costi troppo onerosi per le casse dello Stato Italiano.

Le pensioni di reversibilità ai superstiti sono considerate anch’esse eccessivamente onerose, soprattutto nel caso in cui queste vengano corrisposte a chi è lontano dall’età pensionabile. Si ricorda che tramite questa tipologia di pensioni lo Stato consente ai vedovi e alle vedove, di ottenere un assegno di reversibilità alla morte del coniuge.

L’istituto tramite l’analisi dei dati ha indicato tagli anche del 50% e riportando così la media della spesa per le pensioni di reversibilità nella media degli altri paesi dell’area Ocse

Inoltre il report dell’Ocse afferma che “per contenere ulteriormente i costi” “le pensioni di reversibilità permanenti – pari al 2,4% del Pil rispetto alla media Ocse (1%) – non dovrebbero essere concesse alle fasce molto al di sotto dell’età pensionabile”.

Analizzando il contenuto del report è chiaro che la tendenza sarebbe quella di concedere la pensione di reversibilità al coniuge superstite o all’eventuale beneficiario solo nel momento in cui venga raggiunta l’età pensionabile. Detto in parole povere…niente pensione di reversibilità alle donne più giovani che restano vedove, ma solo a coloro che raggiungono la veneranda età della pensione 😱

Il governo Draghi sembrerebbe intenzionato a seguire solo parte delle indicazioni date e nonostante le pressioni dell’Ocse sul applicare importanti tagli e interventi a partire dal 2022, il governo continua a nutrire forti dubbi nel ridurre gli importi delle pensioni di reversibilità.

Brutte sorprese per le donne 

Oggi, l’età pensionabile per uomini e donne è stata parificata. Resta il fatto che le donne italiane siano tra le meno occupate nel mondo ricco.

Solamente il 48% in età lavorativa ha un’occupazione contro una media europea del 62,5% e una OCSE del 59,6%. Addirittura, nel sud Italia, solo il 30% di esse ha un lavoro. Questo ha conseguenze d’impatto enormi proprio sulla pensione di reversibilità. Arrivando alla vecchiaia con pochi contributi o nessuno versato, la donna italiana rischia di rimanere priva di reddito con la morte del coniuge. E necessariamente, lo stato deve riconoscerle l’assegno. D’altra parte, se non facesse così, dovrebbe preoccuparsi in qualche altro modo a consentirle almeno un livello di vita minimamente dignitoso.


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