Diritti e doveri

Pensioni, aumenti fino a 1000 euro da Gennaio 2022? La svolta firmata Mario Draghi


Il tema delle pensioni è sempre più caldo e bollente: mancano solo pochi mesi al termine del 2021, ma ancora non è stata presa una decisione definitiva che riguarda il futuro dei pensionati, visto che Quota 100 sta per essere eliminata (che permette di uscire dal lavoro a 62 anni con 38 di contributi), per lasciare spazio, probabilmente a Quota 41 (ossia in pensione con 41 anni di contributi a prescindere dall’età).

Ma la vera sorpresa è targata Mario Draghi, che pensa di aumentare le pensioni. Scopriamo nel dettaglio.

La svolta a gennaio 2022

Un’importante cambiamento, ipotizzato e avanzato dal Premier attuale, che dovrebbe coinvolgere tutti gli assegni previdenziali, anche quelli che vengono già erogati dall’Inps. Sappiamo di certo che da Gennaio 2022 le pensioni riceveranno un incremento di importo, di quanto, resta un incognito da decidere, ma ci sono già prime ipotesi al vaglio del Governo.

In definitiva a decidere se le pensioni verranno realmente aumentate è il Governo guidato da Mario Draghi, che sarà sicuramente condizionato dalle conseguenze che la pandemia lascerà sui conti dello Stato, che inutile dirlo, sono stremati dai vari bonus, reddito di cittadinanza e dalle imprese che non riescono a pagare i contributi.

Arriva l’aumento delle pensioni?

Le pensioni dal 1° gennaio 2022 potrebbero aumentare, ma perché? La risposta è molto semplice: in linea teorica dovrebbe arrivare la rivalutazione degli assegni: in altre parole stiamo parlando del meccanismo attraverso il quale, ogni anno, l’importo erogato mensilmente per la pensione viene rivalutato in base all’inflazione. L’assegno viene adeguato al costo della vita.

Questo meccanismo prende il nome di perequazione delle pensioni. Esso non va confuso con il tasso annuo di capitalizzazione per la rivalutazione del montante contributivo individuale nozionale.

Questo che cosa comporta? Ogni anno l’Istat provvede ad indicare il tasso di rivalutazione, che viene determinato in base alle oscillazioni dell’indice dei prezzi.

Questa percentuale verrà applicata al 100% (ossia piena) agli assegni previdenziali che siano al di sotto di una certa soglia. A quelli che sono più alti, invece, verrà applicata solo in parte.

Il meccanismo di rivalutazione che sarà in vigore fino al 31 dicembre 2021, prevede che il tasso sia applicato tenendo conto di queste percentuali:

-100%: nel caso in cui l’assegno sia inferiore alle quattro volte il trattamento minimo;

-77%: nel caso in cui l’assegno sia compreso tra le quattro e le cinque volte il minimo;

-52%: nel caso in cui l’assegno sia compreso tra le cinque e le sei volte il minimo;

-47%: nel caso in cui l’assegno sia compreso tra le sei e le otto volte il minimo;

-45%: nel caso in cui l’assegno sia compreso tra le otto e le nove volte il minimo;

-40%: nel caso in cui l’assegno sia sopra le nove volte il minimo.

Adesso è necessario dare qualche ulteriore parametro di analisi. Con trattamento minimo si intende un assegno previdenziale dell’importo di 515,58 euro. In altre parole la rivalutazione piena viene applicata unicamente a quanti percepiscano un rateo mensile della pensione pari a 2.062,32 euro lordi. Man mano che si sale con gli importi, la rivalutaizone avviene in misura parziale, tenendo conto delle percentuali appena indicate.

2020, le ipotesi di un aumento a 650 o a 780 euro

Nel 2020 sono state avanzate due ipotesi per aumentare la pensione minima rispetto ai 515,58 euro attuali.

La proposta di alcuni era di far salire l’assegno della pensione minima fino a 650 euro, raggiungendo così lo stesso livello delle pensioni di invalidità al 100% che dallo scorso anno hanno beneficiato di un aumento sulla scia di una sentenza della Corte di Cassazione.

Un’alternativa proposta e mai valutata sarebbe stata quella di far lievitare ulteriormente l’importo della pensione minima fino a 780 euro.

Una cifra quest’ultima che deriva dall’applicazione della misura massima prevista dalla pensione di cittadinanza.

Questa ipotesi era stata studiata già dal Governo Conte prima dello scoppio della crisi del coronavirus.

Gigi Pastorelli, responsabile per la Sicilia Orientale dei pensionati di Fratelli d’Italia. In occasione della manifestazione tenutasi poco prima di fine aprile ad Enna, ha dichiarato:

“…I pensionati debbono essere visti come una risorsa del paese e non come una zavorra e bisogna dare loro una dignità anche dal punto di vista economico, ecco pertanto la nostra proposta di elevare le pensioni minime a 1000 euro”.

Sarebbe bello assicurare agli italiani una pensione minima di 1.000 euro, una cifra dignitosa per vivere. Bisognerà valutare se le risorse a disposizione sono sufficienti.




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