Coronavirus

Nuova Zelanda: lo stato che in due settimane ha quasi sconfitti totalmente il Coronavirus. Ecco come


La virtuosità della Nuova Zelanda, stato insulare dell’Oceania, va oltre i limiti e tutti paesi dovrebbero prendere esempio.

Dopo due settimane di lockdown, la curva epidemica dei contagi da Coronavirus è scesa a picco e si è registrato uno dei tassi di mortalità più bassi del mondo.

L’epidemiologo Michael Baker ha riferito: “Trionfo di scienza e leadership. Mentre altri paesi hanno avuto un graduale aumento dei casi, il nostro approccio è stato esattamente l’opposto e ha funzionato”.




Ad osannare il grande lavoro fatto dagli neozelandesi è il Washington Post gli ha dedicato un lungo articolo, facendo emergere le lodi da dedicare a questo virtuoso stato: “Non sta solo appiattendo la curva dei contagi, ma la sta schiacciando“.

La Nuova Zelanda dovrebbe essere considerato un modello virtuoso per tutti i paesi del mondo nella lotta alla pandemia.

Dopo due settimane di restrizioni, infatti, il Paese è stato tra i primi a far registrare non solo un sensibile calo del numero dei casi positivi al Covid-19, ma anche uno dei tassi di letalità più bassi.

Tutti si sono chiesti: ma come ci sono riusciti?

Merito di una strategia che, invece di contenere il nuovo virus, come hanno fatto gli Stati Uniti e la maggior parte degli stati europei, ha puntato alla sua eliminazione. Ma vediamo passo dopo passo cosa è successo a Wellington, la capitale e dintorni.

Ecco come la Nuova Zelanda sta mettendo a ko il virus

Quando a metà Marzo l’Italia ha avviato il piano di chiusura per coronavirus, il governo della Nuova Zelanda, Jacinda Ardern ha deciso immediatamente di bloccare i confini del proprio stato.

La premier, nei giorni successivi, ha incontrato una serie di esperti che le hanno consigliato di passare immediatamente alla cosiddetta fase 4, quella cioè con le restrizioni più severe, nonostante il numero dei contagi del paese fosse ancora molto scarso.

Già nella terza settimana di marzo ha annunciato alla popolazione che aveva due giorni di tempo per prepararsi a un mese di isolamento e mercoledì 25 marzo, dopo aver superato quota 100 positivi, ha dichiarato l’emergenza nazionale.

La premier ha così fatto chiudere tutto immediatamente: Bar, ristoranti, cinema, pub e scuole, obbligando i cittadini a chiudersi in casa ed uscire solo per salute e lavoro.




Niente nuoto e surf nell’oceano Pacifico e niente caccia nei boschi. Cosa che effettivamente hanno fatto: gli abitanti di questo stato sono molto diligenti infatti, fin ora su cinque milioni di abitanti solo 45 persone sono stati multati per non aver rispettato le restrizioni.

Il ministro della Sanità, David Clark, che è stato beccato mentre violava il lockdown, non solo ha affermato pubblicamente di “essere un idiota”, ma ha anche rassegnato le dimissioni, poi respinte del primo ministro. Un comportamento da ammirare!

Il risultato di queste decisioni è che in tutto il Paese ci sono stati 1.210 casi positivi di cui 282 guariti, dopo il picco di 89 raggiunto il 2 aprile.

Dei malati, 12 sono in ospedale, di cui 4 in terapia intensiva e 2 in gravi condizioni. Ed anche il tasso di letalità della Nuova Zelanda è uno dei più bassi al mondo: per il momento è morta solo una donna di 70 anni con problemi di salute pregressi.

I cittadini hanno reagito immediatamente e molto bene alle restrizioni giunte di colpo, senza lamentele o polemiche. La stragrande maggioranza dei casi infatti, derivava dalla trasmissione del virus a causa di  viaggi internazionali, rendendo relativamente facile la tracciabilità dei contatti.

No alle riunioni in famiglia, alla Pasqua in compagnia, no allo sport all’aperto nonostante i contagi sono davvero minimi.

In Nuova Zelanda lo stato di emergenza è stato prorogato di altri sette giorni, passando direttamente alla fase 4 della chiusura totale.




Intanto il modello neozelandese è diventato un caso di studio. Secondo Michael Baker, docente di Salute pubblica all’Università di Otago e uno dei più autorevoli epidemiologi del paese, fondamentale è stato l’approccio per “eliminazione” fin dall’inizio, definendo il caso neozelandese “un trionfo di scienza e leadership. Mentre altri paesi hanno avuto un graduale aumento dei casi, il nostro approccio è stato esattamente l’opposto, con l’intento non di appiattire la curva dei contagi e quindi rallentare la malattia ma di eliminarla del tutto”.

Complimenti alla tenacia e alla rettitudine di questo stato.


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