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Coronavirus: “La pizza margherita o farcita diventa fuorilegge per evitare assembramenti”. A dirlo è Massimo Ancellotti


Anche se sembra una vera e propria follia, arriva  il divieto per i fornai di Roma di vendere pizza farcita con mozzarella o altri tipi di ingredienti.

Sembrava la solita bufala per attivare utenti invece, ahimè, è tutto vero! A darne conferma è lo stesso vicecomandante dei vigili urbani di Roma, Massimo Ancellotti.

Secondo il testo della lettera che affaritaliani.it pubblica integralmente, ordinare delle pizze farcite sarebbe un presupposto per creare lunghe file e assembramenti, cosa che non accade con una semplice pizza rossa simile ad una piadina irrorata di passata di pomodoro.

I vigili di Roma, dopo aver appreso tramite comunicato, di questa “bizzarra” imposizione per i pizzaioli e fornai del luogo, sono stati costretti a controllare i vari locali, affinchè rispettassero questo nuovo obbligo.

Insomma, sembrerebbe che il Decreto di Conte si componga di tante sfaccettature e interpretazioni da parte di tutti.

Secondo una circolare firmata da Massimo Ancillotti, dirigente dell’unità Studi e applicazione normativa della Polizia Locale di Roma Capitale, che interpreta il decreto del Presidente del Consiglio per fronteggiare l’emergenza coronavirus, infatti, le panetterie sarebbero autorizzate a vendere solo prodotti della panificazione: «Si conferma che l’attività di laboratorio di panificazione può essere esercitata. Tale attività comprende oltre alla preparazione di vari tipi di pane e grissini, anche la preparazione di pizza e focacce tipiche di panificazione sia bianche (semplici o condite con olio e rosmarino) sia rosse (condite al pomodoro ed olio) e di pasticceria secca. Non si deve considerare compresa la pizza condita e farcita diversamente. Si ribadisce che nello svolgimento dell’attività non può essere mai consentito il consumo sul posto, né, ovviamente, alcuna altra forma di somministrazione».

Ecco la lettera completa che ne specifica il divieto.

Le lettera del vicecomandante della Polizia Locale di Roma Capitale, Massimo Ancellotti.

Le scrivo in qualità di Direttore della Direzione Coordinamento Studi ed Applicazioni normative della Polizia Locale di Roma Capitale. Ho avuto informale occasione di leggere un articolo con cui, in relazione a ciò che i panificatori possono vendere in questo periodo emergenziale, si sottopone a critica una circolare predisposta dall’ufficio che dirigo.




Non rappresenta mia natura entrare in polemica, né rispondere con lo stesso, davvero deludente, approccio ironico utilizzato dall’estensore dell’articolo e non cambierò certamente atteggiamento in questa occasione. Vorrei però sottoporle in valutazione il breve commento tecnico che segue che giustifica, in termini normativi ed oggettivi, il contenuto della nostra circolare.

Con Determinazione Dirigenziale della Regione Lazio 12 maggio 2014, n. G06917 è stata fornita la procedura operativa per la registrazione delle imprese alimentari ai sensi del Regolamento CE n. 852/2004 ed in conformità a quanto previsto dalla Deliberazione di Giunta Regionale 14 gennaio 2011, n. 3. In base alla normativa tutti gli operatori del settore alimentare (OSA) devono notificare alla ASL, competente per territorio, l’esistenza di uno stabilimento (un locale o un luogo fisico) nel quale avviene la gestione di un qualsiasi alimento che possa essere consumato dall’uomo. Le linee guida sulla gestione degli alimenti, dettate dalle citate normative europea e regionale, sono state rese operative con diverse Determinazioni del Direttore Generale della Direzione Salute e integrazione sociosanitaria della Regione Lazio, tra cui da ultima quella del 2014 sopra indicata.




Nell’allegato A alla predetta Determinazione vengono fornite sia la modulistica che precise indicazioni per la sua compilazione, tra cui le note esplicative per definire in modo specifico ed individuare correttamente alcune tipologie di attività (allegato A5). Tra le attività illustrate nell’allegato A5 vi sono i “LABORATORI DI PIZZA RUSTICA” ed i “LABORATORI DI PANIFICAZIONE” e mentre nei primi è consentita la preparazione di tutti i generi di pizza, nei secondi solo i prodotti alimentari indicati nella circolare (vari tipi di pane e grissini, pizza e focacce tipiche di panificazione, sia bianche, sia rosse e pasticceria secca) oggetto dell’articolo.

Oltre che sorrette dalle soprariportate indicazioni normative, le disposizioni operative diramate della scrivente Direzione appaiono perfettamente in linea con la ratio essenziale di tutti i provvedimenti emergenziali, che, disponendo la sospensione delle attività di somministrazione e produzione artigianale di alimenti e bevande, intendono ridurre ogni forma di aggregazione tra persone al fine di limitare occasioni potenziali di contagio del virus Covid-19.

La stessa decretazione d’urgenza ha circoscritto a poche eccezioni la continuazione dell’attività. Nel caso di specie la vendita del solo pane e prodotti derivati e collegati è stata evidentemente concessa, in quanto trattasi di bene primario di importanza tale da agevolare e facilitare i compratori nell’acquisto anche in attività diverse dai supermercati od altri punti di vendita di generi alimentari.

Tale esigenza va soddisfatta, però, salvaguardando la salute pubblica, senza trasformare i locali delle attività di panificazione in un luogo di possibile ritrovo per una pluralità di persone che intendano consumare o acquistare un alimento la cui vendita è stata, invece, sospesa in altre attività similari, quali le pizzerie a taglio o pizzerie per il consumo sul posto.
Ora, premesso che nessuno di noi può ritenersi destinatario di tutte le conoscenze e dato per scontato che ciascuno possa commettere errori, ciò che lascia amarezza, non è la critica, davvero sempre ben accetta, ma la superficialità con cui, all’estensore dell’articolo, alla improbabile ricerca di un premio Pulitzer con la pizza farcita o meno, sfuggono in questo momento di straordinaria complessità, sia le difficoltà operative nell’attività di vigilanza e controllo delle disposizioni di questa fase emergenziale, sia la conseguente confusione generata nell’opinione pubblica.

La chiudo qui, ma le sarei grato se potesse girare tale breve nota all’estensore dell’articolo in commento al fine di contribuire forse al suo arricchimento professionale, davvero indispensabile per la più vecchia rivista telematica italiana”.

Massimo Ancellotti

Direttore della Direzione Coordinamento Studi ed Applicazioni normative della Polizia Locale di Roma Capitale.

Insomma, il Coronavirus ci ha tolto la nostra reale libertà e su questo non ci appelliamo, ma toglierci la nostra cara pizza Margherita è davvero un grosso dispiacere! E voi cosa ne pensate?

Fonte consultata:

-Il Salvagente

La Stampa


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