Coronavirus

Certificati Covid falsi al costo di 36 euro: così parte anche chi ha la febbre


Assurda la situazione che si è creata in questi giorni e che fa aumentare l’allerta legata al Coronavirus. Si tratta di persone che arrivano dal Bangladesh, chi si imbarcano a Dacca e lo fanno con certificati medici falsi e diretti in Italia. Sarebbero 600 i positivi che si prova a rintracciare e che potrebbero infettare un gran numero di italiani.

Il caso Bangladesh ha scosso la Regione Lazio.

I contagi di ritorno rilevati sul volo Dacca- Roma ha portato in Italia trentasei persone positive su 258 passeggeri, uno ogni otto. Una situazione d’emergenza che ha spinto il ministro della Salute Roberto Speranza in accordo con la Farnesina allo stop dei voli proveniente dal Paese del sud asiatico. Una decisione che va ad aggiungersi alla quarantena obbligatoria per gli arrivi dalle nazioni extra Ue ed extra Schengen. «Dopo tutti i sacrifici fatti non possiamo permetterci di importare contagi dall’estero. Meglio continuare a seguire la linea della massima prudenza», ha dichiarato il ministro.

Da quanto riporta il Messaggero, le persone attualmente arrivate in Italia, provenienti dal Bangladesh, sono circa 600. Questo almeno stando alle statistiche di chi si occupa di indagini epidemiologiche alla Regione Lazio. Un rapporto calcolato in base alla percentuale di contagiati rilevati sul volo della Birman atterrato a Fiumicino lunedì scorso. Un numero altissimo di “positivi fantasma” in circolo in Italia.

La situazione sembra essere molto preoccupante perchè i cittadini riescono a partire senza problemi, nonostante positivi al Covid e con sintomi. Riescono con facilità ad acquistare un documento sanitario fasullo che attesta le buone condizioni di salute e l’idoneità a partire, al costo di 36 euro . «Tutti possono comprare questo certificato, è molto facile, c’è grande corruzione», ha spiegato al quotidiano romano Mohammed Taifur Rahman Shah, presidente dell’Associazione Italbangla. Segnalazioni che sono giunte alla Regione Lazio grazie alla collaborazione delle comunità bengalesi della Capitale. Il sistema è semplice: per imbarcarsi è necessario mostrato un certificato che attesti di essere negativo al test nelle 72 ore precedenti.

La Regione Lazio sta tentando di individuarli attraverso il drive in della Asl Roma 2 che ha chiamato i cittadini bengalesi rientrati a Roma dal primo giugno ad oggi a presentarsi per fare il tampone gratuito. «Stiamo cercando di diffondere la voce all’interno della comunità il più possibile, anche grazie ai social network. C’è stato un problema di comunicazione: oggi (ieri, ndr.) abbiamo avuto una riunione con la Asl Roma 5, sappiamo che è stato aperto un centro per i tamponi e che presto saranno tre i punti tra Centocelle e piazza della Marranella. Dobbiamo essere responsabili: mantenere la distanza e fare tamponi se siamo stati a contatto con connazionali rientrati dal Bangladesh». Ha dichiarato all’AdnKronos Mohamed Taifur Rahman Shah.

L’associazione si sta impegnando per cercare di diffondere il più possibile informazioni nella comunità del Bangladesh di Roma, specialmente nel quadrante est della città: sulla pagina Facebook, ItalBangla oggi ha pubblicato una serie di video della riunione e dell’esecuzione dei tamponi. «C’è preoccupazione, però adesso ci sentiamo più sicuri, con questo sforzo della Asl riusciremo a identificare e trovare altre persone contagiate. Sicuramente sono stati fatti errori dal governo del Bangladesh, che ha lasciato passare tutti, e da quello italiano che non ha controllato chi entrava in Italia», continua Shah. «Nel nostro Paese la situazione legata ai contagi è un disastro, non ci sono cure mediche e la gente sta cercando di scappare con ogni mezzo», ha concluso Shah.


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