Diritti e doveri

Allarme Pensioni: ecco cosa cambierà dal 1°Gennaio 2022 con Quota 102, 103 e 104 e poi ritorno alla riforma Fornero


C’è ancora grande confusione sulle pensioni e gli stessi lavoratori che si apprestano a lasciare il mondo del lavoro, hanno dei grossi dubbi di poter rientrare nella vecchia Quota 100, che presto sarà accantonata, per lasciare spazio alla riforma di tutti i secoli: Quota 102, 103 e 104 e successivamente affermare nuovamente la vecchia Legge Fornero, odiata da tutti.

Le ipotesi sono tante: di uscite a 64 anni (per i prossimi 3 anni) con contributi crescenti (38, 39 e 40 anni).

Cosa succederà quindi dopo Quota 100?  è tutto da definire. L’esecutivo non intende stravolgere i paletti fissati nel Documento programmatico di bilancio (Dpb) inviato a Bruxelles.

Cerchiamo di capire nel dettaglio cosa potrà accadere…

Riforma Pensioni: che confusione!

Come ormai sappiamo, il 31 dicembre diremo addio a Quota 100, il meccanismo che permette di lasciare il lavoro a chi è in possesso (nel periodo compreso tra il 2019 e il 2021) di un’età anagrafica non inferiore ai 62 anni e di un’anzianità contributiva non inferiore ai 38 anni.

Ritenuta troppo costosa, Quota 100 dovrebbe nelle intenzioni del governo lasciare posto a un ritorno graduale alla legge Fornero. E per evitare la creazione di nuovi “scaloni” pensionistici, il percorso sul quale sta lavorando Draghi ipotizza una serie di tappe.

Da quanto è possibile prevedere, si attuerà Quota 102 e 104 prima del ritorno al Regime Ordinario, ovvero andare in pensione a 67 anni.

Pochi però sono d’accordo a ritornare alla vecchia legge Fornero che destò molto malcontento. La riforma venne emanata ai sensi dell’art. 24 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (detto “decreto salva Italia”) – convertito successivamente in legge 22 dicembre 2011 n. 214.

Il sistema pensionistico Fornero,  prevede la pensione di vecchiaia con 67 anni di età, e l’ammontare della pensione è definito in base ai contributi versati, seguendo il principio “più versi, più avrai”.

Con la «riforma Fornero» per il calcolo della pensione si distinguono 3 casi, come sintetizza la stessa Inps:
* A coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1°gennaio 1996 viene applicato il cosiddetto “contributivo puro”, calcolando la pensione interamente con il sistema contributivo.

* Ai lavoratori che al 31 dicembre 1995 avevano un’anzianità contributiva inferiore ai 18 anni, viene applicato il sistema misto pro-rata, calcolando con il sistema retributivo la quota di pensione maturata fino al 31 dicembre 1995 e con il sistema contributivo quella maturata dal 1°gennaio 1996.

* Anche ai lavoratori che al 31 dicembre 1995 avevano maturato almeno 18 anni di contributi, che prima della riforma rientravano nel sistema di calcolo retributivo, viene applicato il sistema misto pro-rata. Ovvero, la pensione viene calcolata con il sistema retributivo per la quota di pensione maturata fino al 31 dicembre 2011, mentre viene quantificata con il sistema contributivo per quella maturata a partire dal 1°gennaio 2012.

Cosa accadrà in Italia da Gennaio 2022

Draghi è convinto di confermare tale Riforma, ammortizzato da Quota 102, 103, 104, prima di intraprendere la strada della legge Fornero, definitivamente.

Con Quota 102 potranno andare in pensione le persone nate nel 1958. Ovvero quelle che con 38 anni di contributi che potevano lasciare il lavoro già quest’anno.

Con Quota 103 andranno in pensione coloro che hanno cominciato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995 è già previsto un canale di pensionamento anticipato con 64 anni.

Infine, Quota 104, la più restrittiva: in pensione a 66 anni.

Il problema dello schema ventilato con le Quote 102 e 104 come presentate la scorsa settimana è che la platea dei beneficiari sarebbe molto esigua, circa 10 mila persone nei due anni ipotizzati per l’uscita a 64 e 66 anni con 38 di contributi: 8.524 nel 2022 e 1.924 nel 2023.

Nei fatti Quota 102 servirebbe solo a chi era a un soffio da Quota 100 e aveva l’età ma non i 38 anni di contributi. Quota 104 probabilmente riguarderebbe una platea ancora più ridotta visto che l’uscita a 66 anni sarebbe molto vicina ai 67 anni ordinari della vecchiaia, e non si capisce per quale motivo sarebbe conveniente accettare un assegno più basso per pochi mesi lavorativi di differenza.

Mentre la politica litiga su Quota 100, 102 e 104 ci sono una marea di Quota Zero che restano il più grosso problema del futuro. I nostri giovani figli,  entrati tardi nel mondo del lavoro, andranno in pensione ad oltre i 70 anni, alcuni anche a 75.

Pensioni: verso rinnovo Opzione Donna e estensione Ape social

Per aiutare le donne, considerate da molti osservatori ed esperti le più penalizzate dalle riforme degli ultimi anni, “non possiamo che riconfermare l’Ape sociale, rafforzata però in modo significativo”, dice a Repubblica Marialuisa Gnecchi, vicepresidente Inps e storica deputata Pd esperta di pensioni.

Opzione donna non è un favore alle donne, visto che incorpora una penalizzazione implicita, con il ricalcolo contributivo: ma allora perché non riconfermarla? In questi anni nulla si è fatto per le donne, se non l’Ape sociale che consente alle disoccupate di uscire a 63 anni con 30 di contributi o 28 se hanno figli, al massimo due. O 34 anni anziché 36, sempre se hanno figli, se impiegate in professioni gravose. Quota 100 per il 70% ha beneficiato gli uomini, anche se all’inizio, soprattutto nel 2019, ha aiutato anche molti disoccupati. La sua fine non determina il ritorno alla Fornero, perché quella manovra non è mai stata scalfita”.


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