Diritti e doveri

Reddito di cittadinanza, la proposta dell’Inps: ridurre l’assegno per darlo a più famiglie


Il Reddito di Cittadinanza (RdC), introdotto con decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4 come misura di contrasto alla povertà, è un sostegno economico finalizzato al reinserimento nel mondo del lavoro e all’inclusione sociale.

Il Reddito di Cittadinanza è stato erogato per la prima volta ad Aprile 2019 e sono ormai trascorsi 18 mesi dalla prima mensilità. I possessori del sussidio, che pensano di averne diritto, potranno rifare domanda per ottenerne il beneficio per altri 18 mesi a partire da Novembre di questo corrente anno.

Viste le numerose richieste da parte di tantissimi cittadini in difficoltà economiche, si è pensato di adottare una soluzione che possa essere di beneficio ad una più vasta platea.

L’Inps infatti, invita il legislatore a valutare una possibile riforma del reddito di cittadinanza. L’idea è quella di allargare la platea dei beneficiari, allentando per esempio i requisiti patrimoniali. Per farlo, però, potrebbe essere necessario ridurre l’importo base. Vediamo quali sono le proposte presentate dall’istituto di previdenza per il Rdc.

Reddito di cittadinanza, cosa potrebbe cambiare

Nell’anno in cui il reddito di cittadinanza si è rivelato uno strumento fondamentale per tante famiglie in difficoltà a causa dell’emergenza Coronavirus, l’Inps individua alcuni elementi di questa misura che possono essere migliorati. In occasione della presentazione del rapporto annuale dell’istituto di previdenza, infatti, vengono messe in luce anche quelle che sono alcune debolezze del reddito di cittadinanza.

Che lo stesso Inps vorrebbe migliorare. Si parla, difatti, di un progetto di riforma, accennato in parte anche dal presidente Pasquale Tridico. Si parte da un elemento ritenuto critico: bisogna allentare, secondo l’istituto, i requisiti patrimoniali, in modo da poter davvero raggiungere chi ne ha più bisogno.

La proposta dell’Inps per riformare il reddito di cittadinanza

Un eventuale aumento dei beneficiari, ovviamente, richiederebbe più risorse. O, in alternativa, un importo base più basso, per poter compensare in termini di costo l’allargamento della platea. Anche perché ridurre l’importo servirebbe a rendere meno disincentivante la ricerca del lavoro. Ancora, si pensa a un pieno computo del reddito da patrimonio, comprendendo l’abitazione di proprietà. Altra idea è quella di modificare la scala di equivalenza, rendendola più generosa per i nuclei con più figli a carico. Altra opzione al tavolo e proposta dall’Inps è quella di allentare i requisiti sugli anni di residenza necessari per accedere per gli extracomunitari.

L’Inps scrive chiaramente che bisognerebbe puntare alla “semplificazione dei requisiti e ad un possibile allargamento della platea dei potenziali beneficiari, così come è stato sperimentato con il Reddito di emergenza durante il periodo emergenziale. Nel ridisegno del RdC, e compatibilmente con le risorse disponibili, occorrerà anche affrontare la redistribuzione delle erogazioni in riferimento alla numerosità familiare. Tuttavia, questo intervento non potrà prescindere dalla possibile riforma dell’assegno unico, per evitare di ricreare altre sperequazioni tra nuclei familiari bisognosi di sostegno. Con l’insieme di queste correzioni si potrebbe superare (o attenuare) la gran parte dei limiti dell’attuale intervento”.

I dati sul reddito di cittadinanza

A ottobre sono 1,4 milioni i nuclei familiari e 3,4 milioni gli individui che beneficiano del reddito di cittadinanza, con un importo mensile medio superiore ai 500 euro. Il presidente Tridico spiega: “Il reddito di cittadinanza ha ridotto il coefficiente di Gini, che misura le disuguaglianze tra le persone, di 0,7 punti percentuali. Si tratta della maggior riduzione negli ultimi dieci anni. L’intensità della povertà si è ridotta di circa 6 punti percentuali, da 39% al 33% circa. Il dato più importante è il trasferimento netto, oltre 7 miliardi, che grazie al RdC va verso il decimo più povero della distribuzione. Per queste persone, il saldo tra tasse pagate e benefici ricevuti, che prima del RdC era nullo, oggi è pari a -20%”.


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