Potrai percepire 1.300€ di pensione a 64 anni e 20 anni di contributi se hai questi requisiti
Andare in pensione prima del tempo e con un assegno che consenta di mantenere una buona qualità della vita è il desiderio di tantissimi lavoratori italiani. Dopo anni di sacrifici, fatica e dedizione, il traguardo della pensione rappresenta non solo una ricompensa economica, ma anche un momento di libertà personale e familiare. Tuttavia, le normative che regolano l’accesso anticipato alla pensione sono complesse e in continua evoluzione, e spesso destinate a una platea ristretta di lavoratori in possesso di requisiti specifici.
Le opzioni disponibili per andare in pensione anticipata
Tra le opzioni recentemente discusse e messe in atto vi è Quota 102, introdotta per il 2022 come misura ponte tra Quota 100 (ormai non più attiva) e la riforma definitiva del sistema previdenziale. Quota 102 permette di andare in pensione con almeno 64 anni di età e 38 anni di contributi. In sostanza, sommando età anagrafica e anni di versamenti si raggiunge la “quota” necessaria per accedere all’anticipo pensionistico.
Tuttavia, Quota 102 non è destinata a tutti. È necessario che entrambi i requisiti vengano raggiunti entro una certa data (fine 2022), e soprattutto occorre verificare che non si appartenga a categorie escluse o che non ci siano penalizzazioni nell’importo dell’assegno pensionistico. Ad esempio, chi ha avuto carriere discontinue o lunghi periodi di inattività lavorativa potrebbe trovarsi con un assegno sensibilmente ridotto rispetto alle aspettative.
Prenderà più di 1.300 euro di pensione a 64 anni e con soli 20 anni: ecco cosa sapere
La pensione a 64 anni è una possibilità che l’INPS concede a chi non ha alcun contributo versato prima del 1996. Si tratta della data che segna lo spartiacque tra il sistema retributivo e il sistema contributivo.
Il primo è quello nel quale le pensioni sono calcolate in base allo stipendio degli ultimi anni di carriera. Il secondo invece è quello in cui le pensioni sono calcolate in base all’ammontare dei contributi versati. Fu la riforma delle pensioni di Lanfranco Dini a determinare questo cambio di rotta.
La pensione a 64 anni è forse l’unico vantaggio che hanno i cosiddetti contributivi puri, che sono proprio i lavoratori che non hanno una anzianità antecedente il 1996.
Infatti, la loro pensione è penalizzata come importo per via proprio del calcolo contributivo. E la pensione viene liquidata solo se raggiunge un determinato importo.
Il vantaggio della pensione a 64 anni per i contributivi puri è evidente, ma non certo facile da sfruttare. La misura si chiama pensione anticipata contributiva. Bastano 64 anni di età e 20 anni di contributi versati.
Oltre alla completa assenza di qualsiasi contributo versato prima del 1996, serve una pensione pari ad almeno 2,8 volte l’assegno sociale. Serve perciò una pensione pari ad almeno 1.310,71 euro al mese. Una cosa tutt’altro che facile da centrare con soli 20 anni di contributi.
Per ottenere almeno 1.300 euro di pensione, è necessario un montante contributivo tra i 350.000 ed i 400.000 euro.
Il montante contributivo può essere immaginato come una sorta di salvadanaio virtuale nel quale, mese dopo mese, confluiscono tutti i contributi previdenziali versati dal lavoratore durante l’intera carriera lavorativa. Si tratta di una somma che cresce nel tempo, alimentata costantemente dai versamenti effettuati dal datore di lavoro e, in parte, anche dal lavoratore stesso. In linea generale, l’ammontare di questi contributi corrisponde a circa il 33% della retribuzione mensile lorda del dipendente, in base all’aliquota contributiva attualmente in vigore per la maggior parte dei lavoratori del settore privato.
Questo significa, in termini pratici, che per poter contare su un montante contributivo significativo — capace di generare in futuro una pensione dignitosa — è necessario aver avuto, nel corso degli anni, uno stipendio medio piuttosto elevato. Facendo un esempio concreto, per raggiungere una pensione mensile superiore ai 1.300 euro netti, un lavoratore dovrebbe aver percepito in media, per almeno vent’anni consecutivi, uno stipendio annuo pari ad almeno 50.000 euro lordi. Questo perché l’importo della pensione viene calcolato proprio a partire dal montante contributivo accumulato, che a sua volta dipende direttamente dalla quantità di contributi versati e, quindi, dalla retribuzione percepita.
In definitiva, il sistema contributivo premia chi ha avuto una carriera stabile, ben remunerata e continuativa, poiché consente di costruire un montante più ricco e, di conseguenza, ottenere una pensione più alta. Tuttavia, chi ha avuto un percorso lavorativo discontinuo, con salari bassi o lunghi periodi senza contribuzione, si troverà con un montante ridotto e una pensione finale meno generosa.
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