Ondata Omicron 5: il post infezione che spaventa: «È come quello l’Alzheimer»
Nonostante la stagione calda e le alte temperature, il virus ha ripreso a correre trainato dalla contagiosissima Omicron 5 e si inizia a parlare di ondata estiva.
In un’intervista al Corriere della Sera, Stefania Salmaso, epidemiologa dell’Associazione italiana epidemiologia, ha fornito consigli pratici per fronteggiare il rischio infezione e salvare le vacanze. Ecco le regole d’oro:
- Indossare la mascherina. Ecco cosa consiglia l’esperta: «Opportuno continuare ad adottare alcune cautele per ridurre il rischio di contagio, specie la mascherina».
- Indossare la mascherina all’aperto in condizione di assembramento.
- Attenzione ad abbracci e baci.
- Aria condizionata. Il condizionatore favorisce la diffusione di Omicron? «Dipende dal tipo di impianto e dalla sua manutenzione. La presenza di filtri e il continuo ricambio di aria diminuiscono la probabilità di trasmissione al chiuso però sono anche fattori di disturbo per la circolazione di aerosol che può essere trasportato a distanza. Se c’è una persona infetta l’aria condizionata può facilitare il contagio».
- Mascherina in aereo
Paura Omicron post infezione
Omicron è stato costatato essere molto pericolosa nella fase post infezione, a causa di un nuovo sintomo che spaventa: «Gli effetti sono simili a quelli dei primi stadi delle malattie neurodegenerative come Alzheimer e Parkinson».
L’ultimo studio, portato avanti da un gruppo di scienziati australiani dell’Università La Trobe di Melbourne e riguarda gli effetti di Omicron e delle sue sottovarianti sul cervello. «Sono simili a quelli dei primi stadi delle malattie neurodegenerative come Alzheimer e Parkinson».
I ricercatori, infatti, hanno individuato nel Sars-CoV-2 peptidi (ovvero minuscoli frammenti di proteine) che formano aggregazioni simili a quelli delle placche amiloidi, che si trovano nel cervello, durante le prime fasi di Alzheimer e Parkinson.
Dunque, secondo l’esperto, tra i sintomi del cosiddetto Long Covid, c’è anche un annebbiamento cerebrale simile a quello delle fasi primordiali delle malattie neurodegenerative.
«Adesso – ha concluso il professore – se questo risultato sarà confermato in altri studi futuri, i farmaci sviluppati per combattere l’Alzheimer e il Parkinson potrebbero essere adattati per trattare i debilitanti sintomi neurologici del Long Covid. Se l’annebbiamento cerebrale è causato da queste placche amiloidi, allora possiamo contare su 30 anni ricerca farmacologica per le malattie neurodegenerative che può ora essere riesaminata nel contesto del Covid-19».
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