Coronavirus

“Ecco il mio piano Salva Italia”: la proposta di Silvio Berlusconi per aiutare gli italiani


Nessuno aveva previsto il Coronavirus e neppure questa forte crisi economica, che sta  mettendo in ginocchio l’intero paese.

A parlare di questa grave situazione, in un intervista, c’è Silvio Berlusconi, che suggerisce un piano Salva Italia, per fronteggiare la crisi senza lasciare da soli gli italiani che hanno perso il lavoro e che hanno bisogno di aiuti fiscali per vivere questa pandemia.

Silvio Berlusconi e il suo piano Salva Italia

Uno shock fiscale, tagliare le tasse e introdurre una flat tax la più contenuta possibile”. Questo il piano denominato Salva Italia che Silvio Berlusconi propone al governo per rilanciare il Paese dopo la grave crisi creata dalla Pandemia. Il leader di Forza Italia apre ai fondi del Mes e invita le forze politiche a non aprire una crisi di governo.

Le sue parole: “Non è di statalismo che abbiamo bisogno. Una parte della sinistra non vede l’ora di sfruttare questa crisi per una campagna di nazionalizzazioni e un forte aumento della tassazione. Certo, oggi occorre un intervento diemergenza, immediato e di breve periodo, che solo lo Stato è in grado di assicurare ma la ricostruzione dev’essere affidata al mercato, come avvenne nel dopoguerra. Dalla crisi si esce con un forte shock fiscale, tagliando le tasse e introducendo una flat tax la più contenuta possibile, in modo da consentire a tutti di tornare in attivo al piu’ presto“.




Si esce anche con un radicale taglio alla burocrazia, in modo da favorire il lavoro e l’impresa, cominciando dalla sospensione del codice degli appalti e dall’abolizione del regime delle
autorizzazioni preventive. Si esce infine con un grande piano casa e un grande piano infrastrutture, finanziato principalmente con le risorse europee della Bei“, aggiunge.

Non bastano i prestiti, ci vogliono iniezioni di denaro a fondo perduto, una sorta di cassa integrazione per le aziende, per i professionisti, per i commercianti, per il lavoro autonomo. Sulla base della dichiarazione dei redditi dell’anno precedente, una quota dei mancati introiti per chi ha dovuto bloccare l’attività dev’essere versata dallo Stato. Su questo il ministro Gualtieri ha dato lunedì alla Camera l’indicazione di voler accogliere la nostra proposta. E naturalmente dev’essere sospesa ogni scadenza ed ogni versamento fiscale per l’anno in corso. Pensiamo ad un patto fiscale fra Stato e cittadini per chiudere tutti i contenziosi in atto. Le risorse si trovano prima di tutto aumentando l’indebitamento.




Proprio per questo abbiamo il dovere assoluto di spendere bene queste somme, di lavorare perché la ripresa sia rapida, perché già dall’anno prossimo si possa cominciare a ridurre il debito. Dalla pace fiscale potrebbero arrivare ulteriori risorse.

Occorre invece evitare, lo ribadisco, ogni idea di tassa patrimoniale o di altro aumento della pressione fiscale. Nessuno può pensare di mettere le mani nei conti correnti. Piuttosto, gli italiani devono essere incoraggiati ad investire il risparmio privato, che è cospicuo, in maniera volontaria, sicura e soprattutto conveniente, nella ricostruzione della nostra economia”.

Sul virus c’è grande responsabilità di Pechino 

Poi Berlusconi parla della Cina, responsabile della strage che stiamo vivendo:

La Cina ha gravi responsabilità: non solo gli Stati Uniti, ma anche Paesi come la Germania, la Francia e l’Australia chiedono di fare chiarezza sulle vicende delle ultime settimane – dice ancora Silvio Berlusconi -.

Le omissioni, le censure e i ritardi nel rendere noto quanto stava accadendo a Wuhan hanno consentito al virus di dilagare nel mondo, e prima di tutto purtroppo in Italia. Chiedere i danni alla Cina in tribunale, come alcuni propongono, è chiaramente solo una provocazione, ma chiederne conto politicamente a Pechino è doveroso. E le recenti rivelazioni rendono improcrastinabili risposte chiare e definitive.




Dall’altra parte, però, la Cina è riuscita per prima a controllare l’epidemia e quindi a ripartire, sebbene usando metodi autoritari che considero ovviamente inaccettabili. Questo darà all’economia cinese un ulteriore vantaggio competitivo che Pechino tenterà di utilizzare – in una stagione di grave recessione mondialeper estendere la sua influenza soprattutto sui Paesi in maggiore difficoltà. Più che mai ora per rispondere a questa sfida occorre che il mondo occidentale – che condivide un sistema di valori, una visione dell’economia e delle società diverse dalla Cina – sia unito. C’è bisogno di più Europa, di più Occidente, di un rapporto diverso con la Russia, che dovrebbe essere naturalmente un’alleata e non un competitore”.

“Sì al Mes o rischiamo l’uscita dall’euro” 

Il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi si ritiene favorevole al Mes e dice di non comprendere il motivo per cui  ci sia il rifiuto di Lega e Fratelli d’Italia “mi risulta incomprensibile, proprio perché sono sicuro del fatto che i nostri alleati del centrodestra non hanno nulla a che fare con un disegno strumentale anti-europeo. Del resto però è solo un disaccordo su un punto specifico, che non mette in pericolo l’unità della nostra coalizione. Una coalizione fra diversi, con un buon programma comune per l’Italia”.




“Dobbiamo chiederci – afferma Berlusconi in una lunga intervista al Giornale – perché questo tema susciti tante polemiche. Quando parliamo di Mes ci riferiamo ad una linea di credito con tassi di interesse vicini allo zero per finanziare le spese sanitarie. Questo significa per l’Italia circa 37 miliardi, con i quali possiamo costruire ospedali, migliorare quelli esistenti, finanziare la ricerca, assumere nuovi medici e infermieri e formarne altri.

Tutto questo, l’Europa ci garantisce che è senza condizioni, senza vincoli di bilancio, senza troika. E’ talmente difficile capire come possiamo dire di no a questo che mi viene addirittura un sospetto. In alcuni settori dei Cinque Stelle la voglia di allontanarsi dall’Europa non è mai venuta meno. Poiché l’adesione al Mes è anche lo strumento che consente alla Bce di acquistare titoli del debito italiano in misura potenzialmente illimitata, dire no al Mes sembra un modo per allontanarci dall’Europa, non mettendo i nostri partner in condizione di aiutarci. È una strada che porta verso l’uscita dall’Euro, se non dall’Unione Europea”.


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