Attualità

Colpo di scena nel caso Cecchettin: Turetta dice addio all’appello e accetta l’ergastolo


Una decisione che ha sorpreso tutti e che segna un punto di svolta nella vicenda giudiziaria più discussa degli ultimi anni. Filippo Turetta, condannato all’ergastolo per l’omicidio di Giulia Cecchettin, ha comunicato ufficialmente di rinunciare all’appello.
Con una lettera indirizzata alla Corte d’Appello di Venezia, il giovane ha dichiarato di accettare la condanna e di voler “pagare interamente” per il crimine commesso. Un gesto che, secondo quanto emerge, non nasce da pressioni esterne ma da una decisione personale, maturata durante i mesi di detenzione.

La lettera ai giudici

Nella missiva inviata agli uffici giudiziari, Turetta ha espresso la volontà di non proseguire con i ricorsi legali e di assumersi pienamente la responsabilità delle proprie azioni.
«Accetto la sentenza e l’ergastolo. Non voglio più difendermi, voglio pagare per ciò che ho fatto», avrebbe scritto il trentenne, rinunciando così a ogni possibilità di riduzione della pena.

La decisione giunge dopo che, in primo grado, i suoi avvocati difensori — Giovanni Caruso e Monica Cornaviera — avevano tentato di escludere la premeditazione dall’accusa, con l’obiettivo di ottenere una condanna meno severa.
Tuttavia, la sentenza era stata chiara: omicidio volontario aggravato da premeditazione e crudeltà, con l’aggiunta delle aggravanti legate ai futili motivi e al legame affettivo con la vittima.

Con questa scelta, Turetta chiude definitivamente la strada a ogni tentativo di revisione o appello, rendendo definitiva la pena dell’ergastolo.

Le motivazioni della rinuncia

Dietro questa decisione ci sarebbe una profonda pressione psicologica vissuta dal giovane negli ultimi mesi.
Dopo la condanna, Turetta è stato oggetto di intimidazioni e minacce all’interno del carcere di Montorio, dove si trova dal novembre 2023.
Fonti vicine all’ambiente penitenziario riferiscono di un episodio in cui il detenuto sarebbe stato aggredito da un altro carcerato, evento che ha contribuito a un crescente stato di isolamento e fragilità.

A pesare ulteriormente sulla sua condizione è anche il rifiuto di Gino Cecchettin, padre di Giulia, di avviare un percorso di giustizia riparativa.
Questo tipo di procedimento, previsto dalla legge, avrebbe consentito un confronto controllato tra l’autore del reato e i familiari della vittima, con lo scopo di favorire una forma di responsabilità e riparazione morale.
Tuttavia, Gino Cecchettin — che da tempo si batte contro la violenza sulle donne in memoria della figlia — non ha ritenuto possibile intraprendere tale percorso, almeno per ora.

Secondo quanto emerge, la solitudine, il senso di colpa e la pressione mediatica avrebbero portato Turetta a una resa interiore. La rinuncia all’appello rappresenterebbe quindi, nelle sue intenzioni, un atto di espiazione più che una scelta strategica.

Dalla fuga alla confessione

Il caso di Filippo Turetta ha scosso l’Italia intera. Il giovane era stato arrestato il 25 novembre 2023 in Germania, dopo una fuga durata diversi giorni.
Le forze dell’ordine lo avevano rintracciato al termine di una caccia all’uomo internazionale, iniziata dopo la scomparsa di Giulia Cecchettin, la studentessa universitaria uccisa a coltellate nei pressi di Fossò, in provincia di Venezia.

Dopo l’estradizione in Italia, Turetta aveva confessato l’omicidio, raccontando agli inquirenti i momenti di quella notte drammatica.
Durante il processo, aveva dichiarato di essere “sopraffatto da una rabbia irrazionale” e di “non aver voluto uccidere”, ma il giudice non aveva ritenuto credibili le attenuanti, evidenziando la lucida pianificazione del delitto.

Le reazioni dopo la rinuncia

La notizia della rinuncia all’appello ha suscitato reazioni contrastanti.
Da un lato, c’è chi interpreta il gesto come un segnale di pentimento autentico, un tentativo di accettare le proprie colpe senza ulteriori sconti.
Dall’altro, molti lo considerano un gesto tardivo, insufficiente a restituire ciò che è stato tolto.

La famiglia Cecchettin, che ha sempre mantenuto una posizione di dignità e riservatezza, non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali. Gino Cecchettin, in più occasioni, aveva ribadito che “non esiste giustizia che possa riportare indietro Giulia”, concentrando le sue energie sull’impegno civile e sull’educazione dei giovani al rispetto.

Un caso simbolo della violenza di genere

Il delitto di Giulia Cecchettin è diventato in breve tempo simbolo della lotta contro la violenza sulle donne.
La sua storia ha scosso l’opinione pubblica e spinto le istituzioni ad accelerare nuove campagne di sensibilizzazione, ma anche a potenziare gli strumenti di prevenzione e ascolto.

La decisione di Turetta di accettare l’ergastolo, senza ulteriori battaglie legali, potrebbe ora segnare la conclusione giudiziaria di una vicenda dolorosa, ma il suo eco continuerà a pesare sulla coscienza collettiva.

La resa di un colpevole

Con la rinuncia all’appello, Filippo Turetta sceglie di non cercare più vie di uscita.
Il giovane, che oggi trascorre le sue giornate in isolamento e sotto sorveglianza speciale, avrebbe detto di voler “pagare fino in fondo, senza più difese”.
Una resa totale che, nelle sue intenzioni, rappresenta l’unico modo per chiudere il cerchio della colpa.

Ma, al di là delle parole, resta il dolore di una famiglia e di un Paese intero che non ha dimenticato il sorriso di Giulia.
E se per Turetta questa è la fine di un processo, per la società resta un monito: ogni violenza lascia segni che nessuna condanna potrà mai cancellare.