Pensioni minime: passeranno da 523€ a 650€
Le pensioni minime sono un tasto dolente della nostra economia italiana: esse sono di importo molto esiguo e spesso non garantiscono una vita dignitosa.
I titolari di una pensione molto bassa, ovvero coloro i quali hanno difficoltà ad arrivare a fine mese e a sostenere tutte le spese previste, possono usufruire del trattamento previdenziale che viene erogato dall’INPS.
La pensione minima è, nella pratica, un assegno sociale destinato ai pensionati i quali ricevono, al momento, importi mensili inferiori rispetto ai limiti che sono stati fissati dalla legge.
Dal 2023 le pensioni minime potranno salire ad euro 650, contro gli attuali 523 euro, 1500 euro in più all’anno.
Aumento pensioni minime 2023
La richiesta inerente le pensioni minime parte dall’Anp-Cia pugliese che per bocca del presidente Tinelli, si legge, spera in una riforma che non faccia scivolare nella povertà tantissimi pensionati.
In una nota viene spiegato da Anp-Cia che da tempo lotta al fine di garantire rendite dignitose, con un occhio anche al futuro, a cominciare dall’equiparare progressivamente i minimi pensionistici al quaranta per cento del reddito medio nazionale, (650€), come è previsto dalla Carta Sociale Europea.
Su Investireoggi.it si legge che le previsioni circa l’inflazione 2022 sembrano parlare di un forte rialzo e ciò porterebbe necessariamente ad un aumento dell’assegno sin dal prossimo anno; aumenti che sarebbero poco poco apprezzabili nella parte bassa delle pensioni e maggiormente in quella alta.€
Pensioni minime, cosa c’è da sapere
Quando si parla di pensione, sono tanti gli aspetti importanti che si potrebbero approfondire, trattandosi di un tema estremamente importante e dalla grande rilevanza, su cui spunti ed interrogativi non mancano. Si pensi ad esempio alla possibilità di andare in pensione, nel rispetto di requisiti e condizioni, con 20 anni di contributi, o ancora per esempio al dubbio di chi ha maturato i requisiti se uscire dal lavoro o rimandare e a chi decide.
Rispetto al tema in oggetto e all’integrazione al trattamento minimo di pensione, Investireoggi.it spiega che quest’ultimo sarebbe qualcosa di riservato solo a chi ha iniziato a svolgere attività lavorativa prima del 1996; per coloro che hanno iniziato dopo, non sarebbero previsti altre reti di protezione sociale. Qualora i contributi versati fosse pochi e non consentissero di raggiungere i 524,35€ al mese, la pensione non potrebbe essere integrata, si legge, e il lavoratore dovrebbe accontentarsi di poco.
Viene spiegato che intervenire è dunque qualcosa di davvero importante, cosicché chi oggi lavora e ha 40 anni possa beneficiare, al momento opportuno, di una pensione minima, la quale dovrebbe attestarsi, si legge ancora, a 650 euro al mese, il minimo che uno Stato come l’Italia potrebbe assicurare a lavoratori che per diverse e svariate ragioni potrebbero non aver potuto completare un percorso lavorativo continuo e pieno.