Nocera: Jolanda morta a 8 mesi, chiesto ergastolo per i genitori
Il dramma della piccola Jolanda: una storia di dolore, violenza e giustizia
La cronaca ci ha spesso raccontato episodi terribili, ma pochi hanno scosso le coscienze collettive come quello che ha visto vittima la piccola Jolanda Passariello, una bambina di appena otto mesi, morta in circostanze agghiaccianti nel giugno del 2019. Un caso che ha lasciato sgomenti cittadini, forze dell’ordine, magistrati e chiunque abbia ascoltato i dettagli della vicenda. Una bambina così piccola, innocente, senza difese, sarebbe stata barbaramente uccisa proprio da coloro che avrebbero dovuto proteggerla con amore: i suoi stessi genitori.
I fatti: una notte di orrore
La tragedia si è consumata nella notte tra il 21 e il 22 giugno 2019, a Sant’Egidio del Monte Albino, in provincia di Salerno, nel cuore di una tranquilla zona residenziale che mai avrebbe immaginato di ospitare simili orrori. Alle 4:30 del mattino, una chiamata al numero d’emergenza sanitario 118 ha segnalato una bambina in condizioni gravissime. I soccorritori, giunti rapidamente sul posto, hanno trovato la piccola priva di sensi. Trasportata d’urgenza presso l’ospedale Umberto I di Nocera Inferiore, i medici hanno potuto solo constatarne il decesso. Jolanda era già morta all’arrivo in ospedale.
I segni della violenza
Sin da subito, i sanitari hanno notato segni evidenti di maltrattamenti. Il volto della bambina presentava ecchimosi e gonfiori sospetti, apparentemente incompatibili con una semplice caduta o un evento accidentale. Inoltre, sulla pelle della neonata sono state individuate ustioni, abrasioni e ferite non compatibili con quelle provocate da un evento casuale. Inizialmente, i genitori hanno provato a giustificare la situazione parlando di infezioni, afte, piaghe da pannolino e incidenti domestici. Ma le versioni fornite sono apparse fin da subito confuse e contraddittorie.
Le intercettazioni ambientali: una svolta decisiva
La svolta nelle indagini è arrivata grazie a intercettazioni ambientali effettuate dalla polizia giudiziaria all’interno del commissariato di Nocera Inferiore. I genitori della piccola Jolanda, Giuseppe Passariello e Immacolata Monti, convinti di trovarsi da soli, si sono lasciati andare a dichiarazioni sconcertanti. Non sapevano che la stanza era sotto controllo. Le frasi captate lasciano poco spazio all’interpretazione: “L’omicidio lo abbiamo fatto”, “Il cuscino dovevamo buttarlo”, “La verità non deve mai venire fuori”. Parole che hanno fatto rabbrividire anche gli investigatori più esperti.
La richiesta della Procura: ergastolo per entrambi i genitori
Il pubblico ministero ha ricostruito con precisione l’intero contesto familiare, facendo emergere un quadro inquietante: una casa dove si respirava violenza, tensione, isolamento. Non solo fisica, ma anche emotiva. La bimba sarebbe stata sottoposta a violenze sistematiche, e la causa della morte è stata attribuita, secondo la perizia medico-legale, a soffocamento. La modalità dell’omicidio ipotizzata è terribile: un gesto deliberato, compiuto forse con un cuscino, per silenziare il pianto di una bambina indifesa. Per questi motivi, la Procura ha chiesto per entrambi i genitori l’ergastolo, la massima pena prevista dal nostro ordinamento.
La difesa: morte naturale o accusa infondata?
Gli avvocati della difesa hanno tentato di sostenere una tesi completamente differente: secondo la loro versione, Jolanda sarebbe morta per cause naturali. Hanno parlato di patologie pregresse, di fragilità fisica e malformazioni congenite. Ma le prove scientifiche, le perizie mediche e le stesse parole intercettate dagli investigatori sembrano minare in modo irreversibile la credibilità di questa tesi. Anche la dinamica degli eventi, così come riportata dai medici del pronto soccorso, ha contribuito a rafforzare l’accusa di omicidio volontario aggravato.
Aspettando la sentenza definitiva
Il processo è andato avanti tra testimonianze commoventi, perizie dettagliate e analisi dei comportamenti dei due imputati. La sentenza definitiva era attesa per la fine di aprile, e rappresenta non solo un momento decisivo per le sorti giudiziarie dei due genitori, ma anche un passo importante per rendere giustizia alla memoria della piccola Jolanda. In aula, il clima è stato teso e carico di emozioni: difficile rimanere impassibili davanti a un delitto così efferato, perpetrato contro una neonata.
Un Paese sotto shock
Il caso ha avuto un’ampia eco mediatica. I social, i telegiornali, la stampa: tutti hanno seguito con attenzione e sgomento l’evolversi della vicenda. La domanda che in tanti si sono posti è: come è possibile che nessuno si sia accorto di ciò che accadeva in quella casa? È stata avviata anche un’indagine parallela sui servizi sociali e le istituzioni del territorio, per capire se ci siano state omissioni o negligenze che hanno impedito di salvare Jolanda in tempo.
Conclusione: il dovere di non dimenticare
Jolanda oggi non c’è più, e il suo volto, ritratto nelle poche fotografie diffuse, rimane un simbolo doloroso dell’infanzia tradita. Questa storia ci impone di riflettere, di vigilare, di non sottovalutare mai segnali di disagio nei bambini. Nessun bambino dovrebbe morire per mano dei propri genitori. La giustizia farà il suo corso, ma la responsabilità civile e morale appartiene a tutti noi. È nostro compito, come società, garantire che simili tragedie non si ripetano mai più.
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