Covid, scoperto legame tra virus e gruppo sanguigno A-0-B: ecco chi si ammala di meno
Le notizie su una possibile correlazione tra gruppo sanguigno e probabilità di contrarre il Covid si rincorrono. Ora un nuovo studio di Mantova e Pavia fa chiarezza
Negli ultimi anni, da quando il Covid-19 ha fatto la sua comparsa nel mondo, la comunità scientifica internazionale ha intensificato gli sforzi per comprendere meglio le variabili individuali che possono influenzare la risposta dell’organismo all’infezione. Tra gli argomenti più dibattuti figura la possibile correlazione tra il gruppo sanguigno e la suscettibilità al virus. Sin dalle prime fasi della pandemia, sono emerse numerose ipotesi e studi che cercavano di chiarire se determinate persone, in base al proprio gruppo sanguigno, potessero essere più o meno vulnerabili agli effetti del SARS-CoV-2.
Tuttavia, i risultati raccolti finora sono stati piuttosto eterogenei, spesso anche contraddittori. Alcune ricerche hanno suggerito, ad esempio, che individui con gruppo sanguigno 0 potrebbero essere più protetti, mentre altri studi non hanno trovato evidenze statisticamente significative. Questo dimostra quanto sia complesso arrivare a conclusioni certe su una tematica che coinvolge fattori genetici, immunologici e ambientali.
Nel frattempo, in Italia si sono distinti per il loro contributo due importanti poli sanitari: gli ospedali di Mantova e Pavia, che hanno lavorato congiuntamente a un progetto di rilevanza nazionale. Dopo aver partecipato alla sperimentazione e alla pubblicazione di uno dei primi studi occidentali sull’uso del plasma iperimmune per il trattamento dei pazienti affetti da Covid, questi centri hanno concluso un ulteriore lavoro di ricerca, mirato ad approfondire le relazioni tra caratteristiche ematiche e andamento clinico della malattia.
La ricerca ha coinvolto numerosi pazienti e si è avvalsa di dati raccolti durante le fasi più critiche dell’emergenza pandemica. Lo scopo è quello di fornire strumenti predittivi e terapeutici più efficaci per il futuro, nel caso si presentino nuove ondate o varianti del virus. Sebbene siano necessari ulteriori approfondimenti, queste analisi rappresentano un passo importante verso una medicina più personalizzata nella lotta contro le malattie infettive emergenti.
Covid e gruppo sanguigno 0
Pubblicati sulla prestigiosa rivista internazionale Vox Sanguinis, i risultati dimostrano che effettivamente esiste una correlazione tra gruppo sanguigno e Coronavirus. In particolare, i soggetti di gruppo 0 avrebbero un minor rischio di ammalarsi di Covid-19 rispetto ai soggetti appartenenti agli altri gruppi sanguigni.
La ricerca, che vede come autori principali il direttore dell’Immunologia e Medicina Trasfusionale dell’ospedale Carlo Poma di Mantova Massimo Franchini, il direttore del Servizio Trasfusionale del Policlinico di Pavia Cesare Perotti, Claudia Glingani, biologa del Servizio dell’Immunologia e Medicina Trasfusionale del Poma, e il direttore della Pneumologia Giuseppe De Donno, segue altre ricerche condotte in diversi altri Paesi che conducono a questo stesso esito.
Franchini ha spiegato che questo significativo riscontro è probabilmente spiegabile con la presenza negli individui di gruppo 0 di anticorpi naturali anti-A diretti anche contro il virus SARS-CoV-2, che gli impedirebbero di infettare le cellule dell’ospite.
Mentre arriva la conferma da parte del ministro della Salute Roberto Speranza delle prime dosi di vaccino entro la fine del 2020, e indicazioni precise riguardo a chi potrà farlo prima, “questo studio è importante perché condotto su donatori di plasma convalescente” ha commentato De Donno. “L’aver evidenziato una protezione del gruppo 0 può avere implicazioni di strategia sanitaria”.
Covid e gruppo sanguigno A
Altre ricerche avevano invece evidenziato nei mesi scorsi che i pazienti Covid con il gruppo sanguigno A avevano una probabilità maggiore di sviluppare sintomi più gravi in caso di infezione. L’opposto accade invece proprio per i pazienti con gruppo sanguigno 0, che sembrano predisposti a sviluppare sintomi più lievi.
Questo è quanto scoperto da uno studio internazionale che ha coinvolto centri di ricerca italiani, norvegesi, tedeschi e spagnoli e pubblicato sulla rivista scientifica New England Journal of Medicine. In Italia, la ricerca è stata guidata dal Policlinico di Milano e ha visto la compartecipazione anche dell’Istituto Clinico Humanitas e dell’Ospedale San Gerardo di Monza.