Burioni: “Bisogna infettare volontari giovani e vaccinati per accorciare i tempi del vaccino da un anno a pochi mesi”
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Roberto Burioni è un medico, accademico e divulgatore scientifico italiano, attivo come ricercatore nel campo relativo allo sviluppo di anticorpi monoclonali umani contro agenti infettivi. Attualmente molto attivo nella ricerca di una soluzione per fronteggiare il Covid-19, suggerisce cosa sia più idoneo fare, secondo lui, in tempi di pandemia.
“Si devono prendere delle persone giovani, persone che non dovrebbero soffrire grande danno dall’infezione, si vaccinano e poi si prova a infettarle. Se questo venisse eticamente accettato noi potremmo ridurre quell’anno a pochi mesi”: così il virologo Roberto Burioni spiega i passi avanti fatti in questi mesi dalla scienza in merito a un vaccino contro il Covid-19 e parla della fase 2.
Per accorciare i tempi del vaccino bisogna testarlo su giovani e vaccinati
Il virologo Roberto Burioni è stato intervistato alla trasmissione di Fabio Fazio, “Che Tempo Che Fa”, e suggerisce quali potrebbero essere le soluzioni necessarie per poter entrare in sicurezza nella fase 2, quella di graduale riapertura del Paese.
“Quello che noi stiamo imparando da questo virus è che la contagiosità è molto superiore a quella che pensavamo e molta viene da persone che non hanno sintomi quindi tutti dobbiamo considerarci malati, tutti potremmo essere infettivi“, afferma Burioni.
Si mette in risalto l’importanza dell’uso delle mascherine, unico dispositivo in grado di bloccare la diffusione del virus da soggetto a soggetto, oltre al distanziamento sociale. Infine, il virologo non esclude l’utilizzo di un app sul cellulare per tracciare i contatti di una persona in modo che, nel caso di contagi, sia più semplice circoscrivere un nuovo focolaio.
“Quando usciamo dovremo portare tutti le mascherine, e su questo dobbiamo cominciare a prepararci. Serve fare più tamponi, tantissimi test, perché questa malattia può durare anche un mese. E poi, servono le app per tracciare tutti i contatti“, ribadisce il virologo.
In collaborazione con Andrea Gambotto, professore all’Università di Pittsburgh, illustra i passi avanti compiuti in materia di vaccino contro il coronavirus.
Un vaccino-cerotto, per la precisione, che funziona in modo molto simile ad altri anti-influenzali e basato sulla proteina “spike“, di cui si è scoperta la sequenza genetica lo scorso 10 gennaio. “La scienza sta andando a velocità mai conosciute prima”. Rispetto ai tempi, Burioni sottolinea: “C’è una grossa novità che dobbiamo considerare, una novità che potrebbe cambiare il futuro dei vaccini. Come si fa per capire se un vaccino funziona? Si prendono 4mila persone, 2mila si vaccinano e 2mila no: poi si seguono nel tempo per vedere se tra i non vaccinati c’è maggiore incidenza della malattia. Questo richiede molto tempo: ma ora si sta cominciando a parlare della possibilità di sperimentare il vaccino su dei volontari”.
Poi afferma: “Si prendono delle persone giovani, persone che non dovrebbero soffrire grande danno dall’infezione, si vaccinano e poi si prova a infettarle”. Il virologo sottolinea che questo sia un problema fondamentalmente etico: “Se questo venisse eticamente accettato noi potremmo ridurre quell’anno a pochi mesi”.
Ecco la sua intervista a Che Tempo Fa:
"Il vaccino cerotto si basa sulla proteina 'spike'. Noi abbiamo conosciuto l'esistenza e la sequenza genetica di questa proteina il 10 gennaio. La scienza sta andando ad una velocità che non ha mai conosciuto prima."@RobertoBurioni sul vaccino-cerotto con Andrea Gambotto #CTCF pic.twitter.com/woQWAyP9Na
— Che Tempo Che Fa (@chetempochefa) April 12, 2020